Giornalino d'istituto Euridice

Capitolo 8: In balia del mare e del fato

7° Episodio del racconto a puntate: “Messaggio in bottiglia” – Stella Ferla

Capitolo 8

In balia del mare e del fato

E’ il 15esimo giorno di Tybi, la navigazione è stata intrapresa da più di un mese. Periodo nel quale Santippo ha scoperto diverse cose su se stesso delle quali non era a conoscenza. Non sapeva di soffrire tremendamente il mal di mare, non pensava che fosse così difficile resistere ai morsi della fame, non sapeva di essere in grado  di inghiottire un pesce crudo, non sapeva di non poter reggere nemmeno un sorso di liquore, non sapeva di essere in grado di riposare durante la notte silenziosa e quieta, tanto quanto nella notte tremendamente rumorosa a causa dello scroscio delle onde del mare mosso e soprattutto non sapeva quanto fosse gelido e penetrante il ghiaccio causato dall’assenza di calore umano. In effetti in un mese aveva fatto così tante scoperte su di sé, ma nessuna riguardo quell’uomo misterioso che si limitava a condurre l’imbarcazione sgangherata senza osare rivolgere una parola al passeggero, al quale era completamente indifferente. L’unica informazione raccolta riguardo il vecchio, che era riuscito a ricavare con una certa facilità, era la totale mancanza nella moderazione nell’assumere i liquori: ne faceva un consumo spropositato, procurandosi effetti collaterali devastanti, quasi come il mal di mare per Santippo. Ma soprattutto durante lo stato di ubriachezza aveva rischiato innumerevoli volte di rovesciare l’imbarcazione e altrettante volte aveva sbagliato rotta, impiegando una considerevole quantità di tempo per recuperare la retta via verso l’Africa. Non era sicuramente una convivenza serena. 

E’ il 17esimo giorno di Tybi, è stata una notte difficile, il mare era in burrasca e i due non sono riusciti a chiudere occhio, ma non si può giungere al mattino senza prima percorrere i bui sentieri della notte. Ora per fortuna il mattino è giunto, è l’alba. La maestosa sfera di fuoco è ora uno spicchio lucente di un rosso vivo e ardente, che che si irradia in tutto il cielo, facendogli assumere mille sfumature dal rosso all’arancione, dal rosa, fino al magenta. E’ una magia per gli occhi vedere quei mille colori vivaci riflettersi sulla superficie increspata del mare. L’alba è sicuramente la giusta ricompensa dopo la lunga notte buia, che pure serba in sé il suo fascino misterioso, maestoso e magico. Santippo osserva gli uccelli, vorrebbe essere uno di loro, libero, indipendente, potrebbe consegnare la lettera in un lampo ed essere fiero nel ricordo di Asdrubale. Invece si trova su quella sottospecie di barca, in balia del mare e dell’irrequietezza del difficile carattere del pescatore. Oggi il mare sembra una tavola imperturbabile, resta solo da sperare che durante la notte la situazione rimanga invariata e che questa non sia solo la quiete prima della tempesta, anche perché, secondo gli approssimativi calcoli di Santippo, la meta non dovrebbe esser lontana. 

I timori di Santippo vengono presto confermati, la notte si rivela una nemica feroce. La luna è alta nel cielo, piena come non mai, pare una sfera perfetta, colorata di un bianco opaco, ma allo stesso tempo così luminosa da catalizzare l’attenzione del mondo. La magica sfera è sospesa nel cielo blu profondo, sopra al mare, il quale è in subbuglio, agitato e mosso come non mai, le onde si infrangono sulla prua dell’imbarcazione con scatti regolari e violenti, causando degli scrosci assordanti. La tensione di Santippo è palpabile, mentre il marinaio, la cui percezione della situazione è offuscata da un pesantissimo stato di ubriachezza, sembra cieco ed indifferente. Diverse volte Santippo si trova costretto a tirarlo sull’imbarcazione afferrandolo per la disperazione da un piede piuttosto che da un polso. Sembra che il mare voglia inghiottirlo, ma Santippo si oppone al suo intento con tutte le sue forze, per quanto esule siano. La nave è completamente in balia di quella tempesta inarrestabile, di quel vento distruttivo  e travolgente e  di quelle onde risucchiatrici. Santippo tiene stretta nel pugno la missiva, qualsiasi cosa accada, lui non permetterà che vada perduta.

Il vecchio afferra con violenza quella che probabilmente è l’ultima bottiglia della scorta di liquori e si accorge che è stata svuotata fino all’ultimo goccio. Accecato dall’ira e dall’ubriachezza la scaraventa contro Santippo rischiando di ferirlo gravemente. Per fortuna il messaggero ha i riflessi pronti degni del giovane quale è e l’afferra al volo, appena in tempo. Osservando quel vetro, un’idea gli affiora alla mente, sembra così stupida, ma allo stesso tempo così geniale e funzionale. Santippo non ha tempo di riflettere, sa che sta per essere inghiottito dalla morte ed è già rassegnato, perchè non tentare questo ultimo atto disperato per compiere la sua missione? Arrotola l’ormai fradicia lettera e la infila nella bottiglia vuota del liquore, la sigilla e la getta in mare, in balia delle onde. 

“Continua il viaggio al mio posto, fallo per Asdrubale, vinci il mare e giungi al cospetto di Cartagine”. A quel punto Santippo, si abbandona alla sorte, consapevole dell’ incombere della morte in agguato. 

Del vecchio, di Santippo e della barca non si sa più nulla, la bottiglia invece è in viaggio, sballottata dalle onde e immobile di fronte alla scelta del fato di condurla in chissà quale luogo. L’avvenire, così come la riuscita della missione, è una misteriosa incognita. 

E’ il 24esimo giorno di Tybi, la bottiglia vitrea, rifugio della missiva, sta navigando da ben otto giorni. Si sono alternate notti burrascose e senza quiete, nelle quali il tranquillo incedere della bottiglia veniva drasticamente troncato, a giorni soleggiati e luminosi, talmente sereni da rendere impossibile pensare che un simile paradiso, in un attimo possa trasformarsi nell’inferno orchestrato dall’antagonista del sole: la luna. Oggi, però, il fato ha preparato una svolta ancora più straordinaria di una tempesta. La sorte ha qualcosa di speciale in serbo per quella fragile fiasca di vetro… 

All’orizzonte, si iniziano a distinguere sempre più chiaramente dei punti in movimento, sono magnifiche navi fenice, lo si evince dalle sfarzose vele bianche e porpora, il cui utilizzo contraddistingue solo la raffinata popolazione fenicia. La presenza di quelle imponenti navi è finalmente un segnale positivo. Può significare solo una cosa: poco distante c’è sicuramente un porto e quindi un insediamento fenicio, magari proprio il porto di Utica, vicino a Cartagine.

Quelle che finora sono solo ipotesi e speranze trovano presto conferma. Sospinta dalla risacca delle onde la bottiglia giunge alla costa e si arena nella sabbia. E’ la sabbia africana, e la missiva si trova al cospetto del vivace porto fenicio di Utica. Il porto è estremamente simile, in realtà, a quello di Neapolis. Per quanto le popolazioni si sforzino a creare barriere sociali e divisioni, le genti sono tutte uguali, condividono gli stessi bisogni, hanno tutti come scopo della vita il raggiungimento della realizzazione della felicità, hanno le stesse esigenze, tutte le genti si trovano sullo stesso pianeta e vivono la stessa vita. Come a Neapolis i bambini sono felici e allegri, hanno voglia di divertirsi, sono vivaci ed evadono nel loro mondo felice con giochi scatenati e vivaci, schiamazzando e saltellando felici sui pontili. E’ proprio uno di loro, dai grandi occhi scuri, attenti e curiosi, a scorgere per primo la misteriosa bottiglia incagliata a riva. Avvisa immediatamente gli altri bambini che corrono sorpresi e incuriositi verso la costa e senza perder tempo o indugiare afferrano la bottiglia e avanzano le prime idee….

“Sarà la bottiglia di qualche ubriacone, uno di quei perdigiorno che di notte si ubriacano qui agli ormeggi”

“Ma no! Cosa dici?! Non vedi che c’è una pergamena stropicciata al suo interno?”

“Magari è del denaro”

“Se davvero è denaro me lo porto a casa io che l’ho trovata, chissà come sarà felice il mio papà”

“No !! L’abbiamo vista tutti”

“Piantatela di litigare, è sicuramente una mappa del tesoro, potremmo diventare tutti ricchi” 

“Beh se non la apriamo non lo sapremo mai”

Per esser dei bambini curiosi ed impulsivi, hanno già indugiato troppo e quindi si decidono a svitare il tappo della bottiglia, sfilano la lettera e la srotolano velocemente, pronti a vedere qualche misterioso percorso da seguire ed una x rossa che li avrebbe attesi e resi ricchi alla fine dell’avventura. 

Naturalmente il contenuto non è nulla di tutto questo e la delusione dei piccoli avventurieri è tale che uno di loro la afferra con forza, ne fa un aeroplanino e lo lancia con forza nel cielo azzurro. 

E’ l’11esimo giorno di Mesir, la pergamena è inspiegabilmente ancora in volo, sospinta dall‘implacabile vento africano, o forse dalla forte brezza del fato. Durante la corsa ha affiancato il volo dei gabbiani e degli uccelli, come Asdrubale aveva sognato potesse fare, si è avvicinata al sole fino a percepirne l’avvolgente calore, ha fluttuato lievemente con una delicatezza fatata sulle onde del vento, fino a posarsi su di un davanzale dorato e sfarzoso, è quello di una lussuosa finestra, una di quelle della corte Cartaginese. La missione è quasi completata, la lettera, quasi miracolosamente, è giunta a destinazione, abbandonando tragicamente lungo il cammino Asdrubale e il suo fedelissimo Santippo.

Stella Ferla – 3D Liceo Scientifico