Giornalino d'istituto Euridice

GIOVANI: ORIZZONTI DI SENSO?

È ineluttabile il fatto che le epoche passino e i tempi cambino, portando con sé mutamenti e sviluppi per il genere umano. Ma, sebbene positiva sia l’evoluzione, essa ha anche aspetti negativi, spesso sottovalutati o perfino ignorati, che riguardano i giovani, la generazione in boccio che si protende verso l’età adulta e che è caratterizzata dall’indecisione e dall’insicurezza, in un modo diverso dal passato.

Al giorno d’oggi, infatti, molti valori che un tempo erano delle certezze, dei pilastri su cui potersi poggiare, sono completamente o quasi del tutto scomparsi, come la concezione della famiglia. Anni fa i genitori erano considerati un’autorità, mentre oggi non sono più un punto di riferimento solido per i figli, e il rapporto tra gli uni e gli altri è venuto a definirsi come paritario. Non trovando più nei genitori un esempio da seguire, i figli cadono nelle proprie insicurezze e vi rimangono perché non sanno come uscirne. Si costruiscono quindi un’esistenza all’interno di esse, che gli permette di tirare avanti ma non di cercare il meglio di sé e per sé. Perché cercare il meglio vorrebbe dire cercare ciò che gli riesce meglio, la propria vocazione, ciò che permette di dare alla propria vita un senso compiuto e a noi stessi un senso di appagamento. I giovani, non riuscendo a superare i confini delle loro insicurezze, vi navigano dentro cercando un approdo per costruirsi un futuro, ma non si accorgono di navigare in tondo in una piccola palude e che mai vedranno stagliarsi un’isola davanti a loro; troveranno invece solo terra instabile. Questa piccola palude si trova nei pressi del mare delle possibilità, il luogo in cui navigano coloro che hanno seguito i ruscelli della propria vocazione i quali, dopo essere diventati fiumi, cioè vie larghe e facilmente percorribili, vi confluiscono. 

I giovani sono vittime di questa situazione di incertezza e insicurezza anche per il fatto che non si pongono più domande di senso, necessarie per poter comprendere sé stessi e quindi capire che cosa si desidera. Ciò perché essi hanno disimparato a pensare, ad accendere la propria mente e sintonizzarla sulla propria anima, cercando di cogliere la frequenza giusta e leggervi il messaggio che la nostra interiorità più profonda cerca ininterrottamente di inviarci, ma che noi spesso non riusciamo a captare. Esso ci indica la nostra vocazione, ma possiamo afferrarlo solo riflettendo attentamente. I giovani hanno disimparato a pensare soprattutto perché subiscono continue distrazioni, e non sono in grado di mettere in pausa la propria vita frenetica e piena. Piena non in senso positivo, col significato di completa e felice, ma in senso negativo, cioè ricolma, con troppe cose al suo interno che non lasciano tempo e spazio all’introspezione. 

Non è però una situazione senza via d’uscita: difatti, non tutti i giovani si trovano nella palude delle insicurezze: alcuni navigano già sul fiume della vocazione a gonfie vele, non lontani dal mare delle possibilità. Essi sono adolescenti come tutti gli altri, con l’unica differenza che non hanno perso la capacità di pensare e, azionando la razionalità, hanno preso in mano il timone della propria barca, senza farsi sopraffare dalla paura, ma sopraffacendola. Tuttavia la razionalità, la capacità di pensare, come disse Eraclito, è caratteristica dell’essere umano. Quindi, tutti i giovani potrebbero riuscire a superare le proprie insicurezze e paure utilizzandola, dovrebbero solo disconnettersi, e pensare a sé stessi. Non come forma di egoismo, ma di autoanalisi che porta alla cognizione di sé e quindi alla vera maturità come persone.

Margherita Del Fabbro 3 B LS