Giornalino d'istituto Euridice

L’uomo e il fantastico: l’importanza di narrare e vivere una storia

Il mondo di oggi va di fretta. Molte persone sono sempre in preda ad ansie, stress, preoccupazioni. Il lavoro è diventato l’unico orizzonte di vita per troppi individui, e questo causa loro malessere, sia a livello mentale sia a livello fisico.

Sono poche le persone che oggi riescono a ritagliarsi del tempo per compiere un viaggio che si è sempre affrontato nella storia dell’umanità: quello nel mondo della fantasia.

Da sempre l’uomo racconta storie. Originariamente c’erano i miti e le leggende trasmesse oralmente, poi è nato il teatro, dopo i libri e infine sono giunti il cinema e la televisione; tutte queste forme di comunicazione, che hanno accompagnato lo sviluppo dell’uomo, hanno sempre avuto un minimo comune denominatore: il racconto di storie.

Gli esseri umani hanno preferito fin da subito quelle che narravano vicende immaginarie, e anzi hanno spesso contaminato vicende storiche con elementi di fantasia (ad esempio, la vicenda della caduta di Troia).

Viaggiare nel mondo dell’immaginazione è una cosa naturale per l’uomo: si è sempre fatto, e ciò significa che è un’azione positiva sia per il corpo che per la mente; ci rilassa, ci dona una sensazione di libertà, ci rende felici. Bisogna però distinguere due tipi di viaggio nel mondo della fantasia; uno che ha come scopo trovare nuove storie da raccontare, e l’altro che, invece, permette di entrare in una vicenda narrata da qualcun altro e viverla in prima persona.

In particolare, quest’ultimo è quello più comune, ma anche quello più bello: si tratta di una vera e propria valvola di sfogo, permette di vivere migliaia di altre vite parallele alla nostra e di conoscere personaggi che hanno molto da insegnarci.

Sicuramente si può affermare che vivere una storia (indipendentemente dal fatto che sia narrata attraverso la letteratura, il teatro, il cinema o la voce) è un’esperienza positiva e ogni persona dovrebbe trovare del tempo per farlo durante la giornata, perché ha buone conseguenza anche nella vita reale: chi lo fa riesce a ricaricare le pile e a rilassarsi, mentre chi non entra nel mondo della fantasia è probabilmente più stressato.

Il viaggio che invece ha come scopo raccontare nuove storie è senza dubbio più difficile, e solo pochi individui lo riescono a compiere in maniera completa. Chi lo fa, deve essere in grado, in primo luogo, di trovare una storia da narrare; a volte si parte con un’idea già precisa da sviluppare; altre volte bisogna cercare a lungo; in altri casi la storia arriva all’improvviso. Comunque sia, bisogna fare attenzione a non perdersi durante la ricerca: ci deve essere un contatto con il mondo vero, altrimenti si rischia di compromettere la vita reale.

Per il compito del narratore non ho mai usato il verbo “creare”: a mio avviso infatti le storie esistono già nel mondo della fantasia e il compito dell’uomo è quello di trovarle e di plasmarle. In questo il narratore assomiglia molto a un demiurgo, che deve essere in grado di controllare perfettamente tutti gli aspetti della storia e di non far perdere lo spettatore, ma accompagnarlo nel viaggio.

Solo nel mondo della fantasia l’uomo riesce quindi a governare la realtà, ma al contrario di quanto sostenevano i rinascimentali (tra cui Ariosto), non può dominarla e quindi avvicinarsi a essere un dio, ma può solo plasmare quello che già esiste: il potere del narratore è quindi limitato dalla storia stessa.

Nonostante ciò, trovare una vicenda e darle forma esalta l’uomo e lo rende per certi versi migliore; un narratore deve tuttavia essere in grado di sapersi fermare, perché tutti devono avere il diritto di raccontare una storia. Questo tema è trattato da un grande narratore del XX secolo, Tolkien, nel libro “Il fabbro di Wotton Major”, dove si raccontano le vicende di un uomo che scopre la chiave per accedere nel mondo della fantasia; una volta anziano tramanda il segreto, proprio perché tutti devono potervi entrare.

Entrambi i viaggi nel mondo della fantasia sono dunque positivi: quello da spettatore perché è una valvola di sfogo, un momento, seppur limitato, di fuga dal mondo reale; quello da narratore esalta l’uomo e lo rende un plasmatore.

Le persone che riescono a muoversi con disinvoltura tra entrambi i mondi (non perdendosi in quello della fantasia e non restando troppo attaccati a quello reale), indipendentemente dal fatto che siano narratori o spettatori, sanno costruire un rapporto che sana tutte e due le dimensioni.

Infatti, il mondo della fantasia viene risanato grazie alla passione e all’immaginazione degli uomini che lo mantengono in vita, mentre quello reale riceve valori positivi provenienti dall’altra realtà tramite i narratori che li trasmettono e gli spettatori che li assimilano dai personaggi fantastici.

Chi viaggia tra i due mondi ha quindi una responsabilità importante nei confronti di entrambe le realtà e ha (in particolare chi narra) un compito importante nel costruire un rapporto positivo tra il mondo dell’immaginazione e quello reale.

Per concludere, l’uomo ha la straordinaria possibilità di viaggiare nel mondo della fantasia e di viver o raccontare storie attraverso ogni forma di comunicazione (dalla letteratura alla musica, passando per il teatro e il cinema); questa opportunità è stata sfruttata per portare nel mondo reale valori fondamentali (come ad esempio l’humanitas latina), ed è stata molto importante per lo sviluppo dell’umanità.

È quindi necessario continuare a viaggiare nel mondo della fantasia, sia per poter fuggire momentaneamente dalle ansie della realtà, sia per esaltare la mente umana, ma soprattutto per continuare, attraverso le storie, a “importare” dei valori che possano migliorare la società e il mondo reale.

Gabriele Gallo 4D Scientifico