Giornalino d'istituto Euridice

Nuovi giovani poeti e “Raggi d’amore”

“Che cos’è la poesia?”, dici mentre fissi
la mia pupilla con la tua pupilla blu.
“Che cos’è la poesia? E tu me lo domandi? Poesia…, sei tu!”

( Rima XXI, Rimas y Leyendas di Gustavo Adolfo Bécquer)

Questa poesia di Bécquer, poeta romantico spagnolo, affronta, da un lato, l’eterno tema della musa
come ispirazione poetica per l’autore e, dall’altro, sorprendentemente realizza una vera e propria
teoria poetica in cui offre al lettore uno sguardo romantico e molto profondo alla difficile domanda
“Che cos’e la poesia?”.

La parola “poesia” è , indubbiamente, il filo conduttore di questo famoso poema.

Appare, infatti, in tre dei quattro versi ed in due momenti in forma interrogativa.

Proverei a rispondere . Poesia è ποίησις in greco, dal verbo ποιέω che significa “fare”, alludendo,
appunto, in origine, all’azione magica sul mondo, alla creazione. Infatti, la poesia è una forma
d’arte che crea mondi attraverso la scelta e l’accostamento di determinate parole.

Ma vi siete mai chiesti che cosa sia veramente la Poesia?

Ovvero, che cosa rappresenti oltre il suo apparente significato ?

Da sempre la poesia è associata a qualcosa di sublime ed inspiegabile, come se fosse un distillato
di emozioni che più intensamente della narrativa riesca a toccare istintivamente il cuore umano…

A differenza della prosa, la maggior parte della poesia, ad esclusione dei grandi poemi classici, non
nasce con uno scopo didattico o divulgativo. Adesso, mi piace dire che la poesia, considerata
oggigiorno sempre più ai margini, in una società desensibilizzata, sia, in realtà, la musica ancestrale
della letteratura, l’unica ancora costituita da note, da suoni, da profumi e da colori puri e veri.

Proprio per questo, a volte, può lasciare indifferente chi non riesce a sentirla, ad annusarla o
ammirarla.

Altre volte, invece, i versi poetici sono frammenti di emozioni che colpiscono all’improvviso
l’anima di chi li legge.

Altre ancora, la potenza poetica si esprime ma rimane solo per il poeta stesso che, pudicamente,
pensando di non essere compreso dal mondo, non desidera condividere la sua creazione.

Invece, tutti gli alunni della VE Linguistico Racchetti DaVinci dello scorso anno, accompagnati da
me, hanno accolto il mio invito a sperimentare lo stile becqueriano, diventando così “Gli Arcadi” e,
dunque, come affermo nella prefazione alla raccolta, “ognuno di noi, nel suo intimo silenzio, ha
ascoltato il proprio cuore e, su un foglio bianco, si sono straordinariamente scritti da soli i versi.”.

Ovvero, si sono creati i nostri “Raggi d’amore”, in lingua spagnola con la versione italiana accanto.
( Edizione Linee Infinite , acquistabile presso la Libreria Mondadori di Crema . Il ricavato delle
vendite sarà devoluto in beneficenza).

Dicevo prima, Poesia deriva dal verbo greco ποιέω che significa fare, inventare, comporre, creare.
Dunque, è il processo attraverso cui qualcosa che non c’era prima può venire all’esistenza, cioè è
l’azione che porta dal non essere all’essere.

Mi piace molto, a questo proposito, la seguente citazione della poetessa Marina Cvetaeva “La
poesia è qualcosa o qualcuno che dentro di noi vuole disperatamente essere”. Per questa ragione,
l’ho proposta come citazione nel libro.

Se, quindi, nel l linguaggio comune il termine ποίησις viene solitamente tradotto con poesia, nel suo
significato puro, originario, esso rimanda, appunto, non solo al “parlare in versi” ma a molto di
più. Fondamentalmente, poesia è, nella sua essenza, ogni esperienza di creazione che riesca a dar
forma ad un qualcosa di nuovo.

Tutto ciò appare ai miei occhi già in sé commovente e meraviglioso e, scavando ancor più in
profondità, mi lascia intuire che l’atto poetico non ha solo valenza di creazione.

Va incredibilmente oltre. E’ ancora molto di più.

Infatti, ποίησις/poesia riesce a divenire, intrinsecamente, relazione e dialogo.

E’ la sua stessa natura che presuppone un intimo incontro a due.

Dunque, la poesia diventa tale solo se arriva dritta al cuore del lettore che, con la sua anima ed il
suo essere, assorbe la sostanza magica di cui essa è costituita e, successivamente, la trasforma in
profumo inebriante di libertà, libertà di pensare e, sopratutto, libertà di essere e volare oltre la
banalità della superficie della realtà apparente. La converte in amore.

È proprio per questa ragione, che la poesia, oggigiorno, è sempre più relegata marginalmente al
ruolo di Cenerentola della letteratura . Pochi la creano e nessuno più la cerca e la ama.

Invero, i pochi che leggono, preferiscono la narrativa, racconti e romanzi . Hanno bisogno di
seguire una trama predefinita da altri per evadere da se stessi .

La Poesia, invece, ci obbliga all’ascolto attento dell’altro da noi e di noi stessi in una relazione che
è, nella sua intima essenza, quel vero dialogo a due che ci conduce alla profondità stessa dell’essere
uomini, all’anima .

E’ un atto denso di significato : un discorso a due, lettore e poeta, ove alla fine i ruoli si confondono
e si invertono come per magia. Esattamente come il tu e l’io . L’io ed il tu. Là, proprio là, ove i
confini si dissipano.

Ecco allora che il lettore magicamente diverrà poeta ed il poeta lettore .
Difatti, tornando al quesito becqueriano iniziale, possiamo dire che la poesia affonda veramente le
sue radici nella magia.

Come dicevo, lo attesta l’etimologia stessa, ποίησις, dal verbo greco ποιέω, che, ribadisco,
significa creare, fare dal nulla.

Non solo, anche la parola latina carmen, che, in fondo, significa sempre “poesia”, in origine si
riferiva al responso magico dell’oracolo.

Non è un caso, infatti, se troviamo le prime forme di poesia nelle formule magiche e riconosciamo
l’origine della poesia lirica negli incantesimi d’amore.

L’Amore, quindi, è, da sempre, cantato in Poesia . Così come avviene in quasi tutte le canzoni che
adoriamo ascoltare . Forse perché Poesia è Amore e Amore è Poesia . Ovvero, sempre ricordando
Bécquer “ Poesia sei tu ”.

Tu? Tu, chi? Cosa?

All’inizio, facevo riferimento alla musa, all’ispirazione poetica. Dovrei aggiungere, però, che in
Bécquer questa musa ispiratrice è, sovente, irraggiungibile, impossibile da trovare.
É un sogno. Cioè costituisce ciò che il poeta ardentemente cerca, consapevole di non poterlo
raggiungere mai. Così è, per esempio, nella Rima XI.

Potremmo dire che questo “quid”, in fondo, sia la Poesia stessa?

Esattamente.

Il “tu” e la ποίησις, quindi, coinciderebbero. Ed è così che la poesia diventa universalmente intrisa
di umanità. Di amore.

Dunque, in ultima analisi, Amore e Poesia coincidono. Amore in senso universale.
Quel giorno in classe, ricordo che mi sono innamorata al primo istante dei componimenti degli
studenti e spiegarne il perché è ora complesso. Penso si sia trattato di un folgorante colpo di
fulmine.

Ricordo di aver detto in classe ai miei alunni che i loro componimenti apparivano ai miei occhi
ancor più incantevoli di quelli di Bécquer.

Poi loro mi dissero : “ Prof, però ora tocca a lei, scriva una poesia anche lei!”.

Titubante, all’inizio ci provai, ma poi non potei sottrarmi al loro invito.

Così, un pò imbarazzata e con pudore, ho creato anch’io il mio componimento poetico.

Quello di una che, sino a ieri, si avvicinava alla Poesia solo di fretta, forse sottovalutandola, non
comprendendola nel profondo, indifferente alla sua vera bellezza ed alla sua essenza.

Ora so che ποίησις è una creazione potentissima di senso. Ė, come afferma Parmenide, l’arte che
passa dal non essere all’essere in quanto il suo creatore dà esistenza alle “cose” nominandole.

Semplicemente.

Magicamente semplicemente.

Ora amo la ποίησις perché non grida troppo forte come fa il teatro e perché non si perde in trame,
talvolta troppo complesse come fa il romanzo. Non desidera sorprenderci presentandoci personaggi
più o meno bizzarri.

Semplicemente lei è, libera, intensa, vera.

Essa è proprio come lo sguardo dell’altro che ti permette di essere sempre più te stesso e tu,
sorprendendoti di ciò, scopri di te un’ immagine nuova. Inedita.

Solo ora posso dire che mia poesia, il Raggio XXVI, un pò mi piace, anche se non rientra tra le
mie preferite. É becqueriana come stile ma troppo modernista per taluni aspetti.

Dunque, com’è lo stile di Bécquer? I versi del famoso poeta, proprio come tutti quelli de Gli Arcadi,
sono brevi, secchi. Io amo definirli minimalisti.

Espressi con sorprendente semplicità .

Essenziali ed intensi.

Lui stesso affermò : “Esiste una poesia magnifica e sonora, figlia della meditazione e dell’arte, che
si addobba con tutta la pompa della lingua, che si muove con una ritmica maestà, che parla
all’immaginazione conducendola per un sentiero sconosciuto…Esiste un’altra, naturale, breve, secca,
che sorge dall’anima come una scintilla elettrica, che ferisce il sentimento con una parola e fugge, e
che, spoglia di artifici, libera da forme, sveglia le mille idee che dormono nell’oceano della fantasia.

È la poesia popolare, la sintesi di ogni poesia, perché il popolo è stato e sarà sempre il grande poeta
di tutte le epoche”.Trovo che proprio in queste parole sia racchiuso tutto il senso della ποίησις .

Pertanto, se ci lasceremo colpire e stupire da queste “scintille elettriche che feriscono il sentimento
con una parola e fuggono”, da questi Raggi d’amore, essi, attraverso un viaggio interiore ricco
delle più intense sfumature d’amore, sapranno condurci nei pressi del nostro Io più segreto.

“Ed io chi sono?”, grida il pastore errante di Leopardi . Non è questo, in fondo, il tormento che
accomuna l’essere umano dagli albori della storia? Non è, forse, questa l’ineludibile domanda di
senso che ci poniamo da sempre?

Nel Piccolo Principe, il capolavoro di Saint-Exupéry, la volpe dice al Piccolo Principe : “Ecco il
mio segreto! È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Per ciò, per ricercare questo “essenziale”, forse non ci rimane che intraprendere proprio il cammino
tracciato dalla poesia. Come poeti o come lettori di poesie, non fa differenza.

Scriverle, ho capito che significa consapevolezza, silenzio, introspezione, determinazione e,
soprattutto, umiltà.

Leggerle, credo necessiti delle stesse potenzialità. E di tanto, tantissimo rispetto .

Si dice che il nostro poeta spagnolo, come Lamartine, fosse solito ripetere che, in realtà, “ la
miglior poesia scritta è quella che non si scrive”. Perché una poesia è, innanzitutto, ciò che non si dice, ma è.

Dunque, vero poeta è colui che legge poesie, non chi le crea perché esse finiscono di essere scritte quando trovano lettori che le sappiano empaticamente accogliere.

Paola Cigoli